Eliminare il superfluo per ritrovare noi stessi-parte 2
Il meccanismo dell’aggiunta
Tratto dal libro di Rosario Alfano ” La tecnica del togliere”
In questo articolo scopriremo come eliminare il superfluo per ritrovare noi stessi
In treno, mentre ritorno a casa dalla giornata fiorentina, tiro fuori il taccuino dalla tracolla e ricomincio a scrivere:
“Intorno a me tutto mi spinge ad aggiungere, ad accumulare. La pubblicità mi dice di comprare, comprare, comprare. Mi sollecita ad accumulare oggetti, macchine, cellulari di ultima generazione. Mi incoraggia ad acquistare viaggi da sogno, ultra comfort, in posti di tendenza oppure in luoghi esotici. La pubblicità mi stimola a comprare abiti di marca, tante belle scarpe, e i più ricercati accessori. E poi ci sono le campagne promozionali che mi ingolosiscono con stupendi trattamenti, creme, massaggi, e ogni tipo di ritrovato che mi possa aiutare a restare giovane e affascinate. Infine, la società di oggi arriva anche a vendermi, a un prezzo davvero ragionevole, una strada molto comoda per la crescita interiore. In sostanza, se voglio sperimentare stati d’animo quali la calma e il relax, non mi devo più sforzare con percorsi di autorealizzazione: sono troppo faticosi. Mi basta acquistare per un’ora a settimana un maestro, lo posso fare iscrivendomi a un bel corso di yoga o di tai chi nella palestra sotto casa. Perché andare in Tibet o nelle grotte a cercare i santoni? Oggi posso trovare la Verità e l’armonia interiore di lunedì sera, subito dopo il lavoro e prima di andare a mangiare una buona pizza con gli amici. In extremis, posso perfino evitare di andare in mezzo alle altre persone. Mi bastano 15 euro. Vado in edicola e mi faccio dare un bel dvd del tipo ‘Yoga per tutti’, ‘Rilassamento in 5 minuti’ , etc.
Insomma, oggi la società continua a ripetermi ossessivamente che posso ottenere il benessere e la felicità solo aggiungendo altre cose rispetto a quelle che ho. Ma fa anche qualcosa di peggio Oltre a invogliarmi ad accumulare cose, fa di tutto per indurmi ad immettere in me convinzioni, paure, obblighi, schemi comportamentali.
«Immetti in te la diffidenza».
«Immetti in te una super-razionalità e un atteggiamento analitico (è inopportuno fidarsi troppo di sentimenti e istinto)».
«Immetti l’abilità di fare solo quello che ti dà un guadagno concreto».
«Immetti quei comportamenti necessari a soddisfare le aspettative e a non deluderle mai».
«Immetti una forte attenzione al dovere».
«Immetti le capacità necessarie per essere sempre il primo o il migliore».
Standard umani
Quelli appena elencati sono i consigli che intorno a me tutti cercano di elargire.
Ne parlano come se fossero delle regole necessarie per vivere meglio. Ma per me sono solo robaccia. Rappresentano solo un modo rapido per farmi diventare un certo tipo di persona standardizzata, fredda ed egoista. Di sicuro non mi aiutano a realizzare me stesso.
E’ un vero dramma!
Quando cominci a risvegliarti, ti rendi conto che tutto intorno a te vuole spingerti in una sola direzione, quella dell’aggiungere per sentirti realizzato. Aggiungere cose, modelli percettivi del mondo, modelli comportamentali, e chi più ne ha più ne metta.
Un manifesto per strada. Uno spot alla radio. Il pensiero di un opinionista. Il modo di vivere di un personaggio all’interno di un film. Quattro chiacchiere da bar. Un amico caro che ti dà qualche consiglio. Le parole di un partner. Quelle di un figlio. Quelle di un collega…
Molto spesso, anche in questi casi, si manifesta sempre lo stesso incoraggiamento:
«Sovrapponi. Ammucchia. Ammassa. Riempi».
C’è chi lo fa consapevolmente. E ce chi lo fa in modo inconsapevole. Ciò nonostante siamo tutti ( io compreso) complici di questo meccanismo dell’aggiungere.
Esempi di accumulo nefasto
Anche quando un amico mi dice: «Devi imparare ad essere severo con i tuoi collaboratori, altrimenti ti mettono i piedi in testa», questo amico forse non sa di rinforzare tale meccanismo. Non si rende conto che mi sta chiedendo di aggiungere in me stesso una modalità (l’essere severo) che non mi appartiene in modo naturale.
Una partner che mi invoglia ad aumentare i prezzi delle mie consulenze, crede di dare un suggerimento positivo per la mia vita e il mio portafoglio. E non si rende conto di creare stress in un soggetto che , per sua natura, tiene relativamente poco al guadagno economico.
Anche quando un figlio dice: «Papà devi essere moderno, dai», sta chiedendo al padre di sovrapporre un atteggiamento paterno nuovo e artificiale a quello naturale e spontaneo. Eppure -probabilmente- non sa di essere complice del malefico meccanismo. Lui sa soltanto che vuole un padre simile a quello di qualche suo amico. Non si pone il problema che ogni persona ha una sua personalità e che questa andrebbe rispettata e accettata così com’è. Questo figlio, chiede. Tutto qui. Chiede, e semplicemente spera di ottenere quello che per lui può essere più conveniente o piacevole.
Con tali esempi voglio dire che, in certe occasioni, il consiglio sbagliato, o la richiesta errata, ti possono arrivare da persone care che credono di fare il tuo bene, o che (quantomeno) non capiscono in alcun modo che ti stanno proponendo cose dannose. Evita di arrabbiarti con queste persone. Loro sono ignare rispetto all’errore che stanno commettendo nei tuoi confronti.
Non ascoltare quello che ti dicono o ti chiedono, e vai semplicemente avanti per la tua strada, ascoltando solo il tuo buon senso.
Il meccanismo ha preso il Potere
E’ necessario comprendere che oramai, siamo tutti invischiati nel meccanismo dell’incitamento all’aggiunta, anche se spesso non ce ne rendiamo affatto conto.
Il meccanismo ha preso il potere. Ci governa. Lo fa in diversi casi con modi sottili, che si insinuano senza ‘far rumore’ nelle dinamiche interrelazionali e nel nostro reciproco comunicare.
Mai attaccare la persona. Attaccare il meccanismo, questo si!.
Il mondo di oggi mi vuole far credere che se mi impossesso di cose nuove, di atteggiamenti diversi da quelli che mi sono propri, di visioni diverse, io divento felice. In realtà io, così facendo, divento solo appesantito, ricoperto di strati su strati. Divento stordito. Non so più cosa sono e cosa voglio realmente. So soltanto contare, quantificare tutto quello che possiedo: gli oggetti, i ruoli conquistati, i successi acquisiti, le approvazioni della collettività o delle persone a cui tengo particolarmente. Ma di vera felicità non so nulla. Di come si raggiunge anche qualcosa di simile a questo stato non so proprio nulla.
E’ necessario contrastare questa tendenza collettiva all’aggiunta che sta divorando il mondo.
Io voglio andare in un’altra direzione. Voglio andare verso la manifestazione del mio vero sé. E’ questo che desidero, soltanto manifestare liberamente e onestamente me stesso! Questo, e solo questo, conta davvero per me.
Stamattina ero in un modo. Stasera sono in un altro. E tutto a causa di una statua! Sembra una esagerazione; ma non lo è. E’ bastata una giusta scintilla, e dentro di me si è acceso qualcosa. Come esprimerlo in un’altra maniera?
Il Click che cambia la vita
Ho sentito come un click. Un interruttore che scattava. Prima di quel click vedevo la vita in un modo. E dopo, ho cominciato a vederla diversamente.
Le priorità di prima, ora, non sono più tali. Ora, sento di avere altre priorità. Non sono cambiato. In realtà, mi sono solo risvegliato.
Grazie alle riflessioni davanti al S. Matteo, in me si è scatenata una sequenza di pensieri, emozioni, riflessioni,che mi hanno bruscamente portato a sentire con chiarezza la mia vera, fondamentale esigenza interiore.
La mia coscienza è venuta in contatto con la metafora interna all’arte scultorea di Michelangelo: togliere per fare affiorare l’essenza.
E d’un tratto mi sono come ridestato. Ho capito finalmente che quell’istinto saltuario che ogni tanto spuntava nella mia esistenza, quella vocina interiore che mi diceva «scarnifica», «epura» , non erano vezzi momentanei della mia interiorità, bensì frammenti di saggezza, tentativi del mio inconscio di portarmi sulla retta via. Oggi tutto torna. Il cerchio raggiunge la sua quadratura.
Lo stimolo del S. Matteo di Michelangelo, che ho visto al museo, mi è servito per legittimare una esigenza che già esisteva in me, che ogni tanto bussava, e che io puntualmente fraintendevo o trascuravo.
DEVO TOGLIERE , NON AGGIUNGERE! SOLO COSI’ ARRIVERO’ ALL’ESSENZA.
Voglio invertire la tendenza. Intendo ribaltare il modo comune di fare, quello che spinge ad aggiungere. Sento che questa è la strada giusta. Lo è per me, ma lo è anche per gli altri in generale.
Desidero ardentemente trovare il sistema di eliminare qualsiasi fattore inutile, non sostanziale, artificioso, dalla vita. Poi, però, dovrò anche riuscire a trasmettere questo sistema alla gente.
Io sono un terapeuta, scrivo libri per il miglioramento personale. E’ mio compito trasmettere agli altri ciò che può regalare un’ esistenza migliore.
Da oggi, 20 aprile 2007, decido di dichiarare guerra al meccanismo dell’aggiunta”.
Il Metodo
Si, è andata esattamente così. Nel treno di ritorno da Firenze, il giorno del mio trentacinquesimo compleanno, ho scritto quello che stai leggendo. Ho preso la decisione di dedicarmi alla ricerca di un percorso utile a me stesso e agli altri, al fine di riuscire a vincere questa ‘guerra’.
Ritengo di aver mantenuto fede a questo impegno. Sono riuscito a creare un metodo che considero, decisamente, un buon metodo. Ma ho dovuto lavorare sodo e a lungo. Infatti, mentre sto scrivendo questo paragrafo, è il 4 marzo del 2011. Ovvero, sono passati quasi 5 anni dal mio incontro con l’apostolo di marmo. Ebbene sì, c’è voluto tutto questo tempo per mettere completamente a punto il procedimento e per sentirmi pronto a trasmetterlo in un testo.
Come e da dove sono partito per iniziare questa mia ricerca? Come ho passato questo tempo ? In che modo sono riuscito a configurare l’intero sistema? Quali strumenti di verifica ho adoperato per testarne l’efficacia?
Sono queste domande lecite che mi potresti fare a questo punto.
Credo sia giusto, quindi, dare una risposta a tali quesiti.
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